VISITARE CANELLI Canelli è una delle Capitali mondiali del vino: in pochi altri casi l'enologia e la viticoltura hanno influenzato così profondamente il paesaggio, l'economia, la storia, la vita stessa di una comunità. Sulle colline che circondano la città, la vigna esiste praticamente da sempre: dapprima per soddisfare un fabbisogno strettamente locale, poi, dal basso Medioevo, per alimentare un commercio sempre più fiorente e diffuso, destinato a diventare ben presto la maggior risorsa del territorio. "Lo maggior frutto di questa terra egli è il vino, qual riesce delicato, dolce et perfetto, stante massime lindustria delli abitatori, quali su colli di ragionevol fruttività ne traggono il sufficiente per vivere". Così nel 1756 l'intendente delle Regie Finanze, in una relazione concernente Canelli prendeva atto di una realtà consolidata ormai da molto tempo e al tempo stesso testimoniava l'inizio di una "età delloro" per l'enologia canellese. Il miglioramento delle tecniche di produzione, e soprattutto il diffondersi dell'uso di bottiglie di vetro e di tappi di sughero consentì al Moscato di Canelli, suo prodotto principe, di essere trasportato in tutto il mondo. Sulla scia delle fortune internazionali di questo vino nacquero presto le industrie enologiche, che condizionarono definitivamente lo sviluppo economico, urbanistico e sociale della città. E ancora oggi la Civiltà del Vino è il "genius loci", l'elemento caratterizzante di Canelli; una civiltà vissuta senza clamori e senza enfasi, a volte in maniera anche troppo modesta. La città conserva un cuore antico di struggente bellezza a dispetto delle molte profanazioni avvenute in tempi lontani e recenti. Un cuore che merita di essere scoperto così com'è, acciaccato forse, ma vero e autentico. Aggrappato faticosamente alla collina la sua bellezza è tutta nel fascino silenzioso dei vecchi muri, delle stradine scoscese, dei viottoli dimenticati che sembrano appartenere ad altre epoche, nelle case che nulla hanno di pregevole se non la dignità composta della loro storia, del loro vissuto, nei relitti un po' enigmatici di fortificazioni e baluardi di cui si è smarrita la memoria ed il significato. Oppure nelle chiese barocche, testimoni puntuali di una dignità urbana e civile che ha connotato la Canelli del passato, sempre orgogliosa di non essere mai completamente città, e nemmeno irrimediabilmente paese; sempre conscia dei suoi limiti e sempre determinata a trasformarsi in virtù. E poi giri l'angolo, alzi lo sguardo e c'è la vigna, ci sono le colline, c'è l'odore della terra, della campagna che compenetra e si amalgama allo spazio urbano. C'è un paesaggio agrario tra i più antichi e belli del Nord Italia, frutto di una permanenza secolare e caparbia di molte generazioni contadine, che per secoli, forse per millenni, si sono consumate sulle medesime vigne, sugli stessi poderi dai confini immutabili. E a girare per la campagna c'è da giurarci, si sarà accolti dalla stessa immutabile diffidenza, che si stempera sempre, però, e si scioglie nell'immutabile gesto di pace. G. Bera |